L’apripista è il carro blu che scavalla abeti, nibbi, vola oltre il cordolo del monte. Si mostra come un vento, solleva, porta fuori, invita e rischiaccia dentro. Lo vedo e non lo vedo trascinarmi dove è morte la paura, un’estasi senza la parola. Mi fa grande più di me, poi mi dimezza, mi assottiglia fino al forse del sentire; cuce a fondo il vuoto, lo sbatacchia mentre sto in silenzio. Un suono di mancanza morde, disaccorda, mi lascia senza.