Se un giorno sono stata un albero allora ha senso questo tremare
che sale dalle braccia ogni volta che dalla finestra entra il sole
e mi fa viva di un qualsiasi luogo
fino a poco prima spodestato dalla luce.
Ha senso tremare dai piedi fino in bocca
dove vorrebbero nascere parole
capaci di levarsi come l’erba dopo che il vento l’ha piegata
e dire grazie
di questo moto che mi rovescia e schianta
anche quando il fiore più piccolo – che sembra aspettare proprio me –
col suo dire silenzioso dichiara che non vi sono dubbi
e basta crederci; persino se mi sento persa
e non trovo posto, e ho una gran paura.
Se anche io ho avuto radici, anche io ho viaggiato senza camminare
e davanti alla soglia di una casa ho attecchito senza far rumore
e ho lavorato un orto e dato frutti
e senza toccare altro che l’aria, ho amato.
Così entro nel bosco come fosse la mia casa
e l’albero che sono stata saluta tutti gli alberi
che mi levano all’azzurro semplice del sì –
nella traccia di una galassia muta,
un mistero che mi lavora in corpo come fossi terra
e se non basta pensarlo può bastare crederlo
che alberi e nuvole e vento
non sono solo alberi e nuvole e vento